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La Storia

Il Comune di Cengio

Cengio è un comune della provincia di Savona in Liguria.

È situato in Alta Val Bormida, sul versante settentrionale delle Alpi Liguri che hanno inizio dalla bocchetta di Altare (o colle di Cadibona) e si estendono in tutto il Ponente Ligure.

Come le altre comunità liguri comprende un insieme di frazioni che si trovano sugli opposti versanti della Bormida1 di Cengio.

Questo fiume scorre attorno ad una cengia o cintura di roccia che da il nome alla località. In cima alla cengia si trova la frazione Costa e l’antico castello di Cengio Alto che domina sin dal Medio Evo la pianura di Millesimo.

Origini storiche

La storia di Cengio risale all’epoca preistorica delle antichissime popolazioni dei Liguri. Lo storico romano Tito Livio chiamò Liguri Alpini o Montani2 le popolazioni del Ponente Ligure, ma nessun documento storico ci ha trasmesso il nome della tribù ligure delle Valli del fiume Bormida.

Tale tribù esisteva ben prima dell’arrivo dei Romani. Infatti a nord della frazione Costa e Cengio Alto esiste il toponimo Castellaro in località Belbo (737 m. sul livello del mare) che risale ai tempi preistorici.

Qui c’è la sorgente del fiume Belbo che scendendo sul versante piemontese si getta nel Tanaro, prima di Alessandria, a Villa del Foro3(AL).

Ė questo un emporio commerciale etrusco risalente al 600 a. C. dove sono state trovate delle epigrafi in lingua etrusca volterrana-senese. Sulla sinistra del Castellaro di Cengio un ricercatore con metal detector ha trovato, in località San Bernardino (771 m. sul livello del mare), scavando in tre buche, armi in bronzo di guerrieri liguri locali di Cengio.

Questo Castellaro in località Tecci (tetti) (720 m. sul livello del mare), ha una sorgente da dove inizia il torrente Belbo.

Il Castellaro domina dall’alto, sempre in località San Bernardino, la valle del torrente Zemola dove si trova il dolmen4di Roccavignale dell’età del Rame-bronzo.

I castellari liguri erano luoghi alti fortificati per la difesa la cui sommità, spianata artificialmente, veniva circondata da muri di pietre a secco. Dal Castellaro di Cengio è possibile vedere il Monte Beigua ed il mare sottostante di Varazze. Il Castellaro era un luogo di rifugio in caso di attacco nemico che poteva giungere dal mare. In caso di pericolo fuochi sul Beigua potevano esser visti sul Castellaro di Cengio che dava l’allarme a tutta la Val Bormida.

Questo Castellaro sovrasta l’antico castello (della rosa) di Saliceto distrutto nel Medio-Evo, quello di Cosseria e quello di Cengio, anch’essi distrutti, ed altri luoghi fortificati della vallata. Il pericolo poteva venire dal mare. Infatti già nel III millenio a. C. Elimi (che fondarono tre città – Segesta, Entella ed Erice –nella Sicilia occidentale), Lelegi e Cari cercavano minerali in Liguria e davano il nome a Segesta (Sestri Levante), Entella e Lerici. Poi negli anni 1220 e 1191 a. C. i pirati dei popoli del mare scorrazzavano sulle coste del Mediterraneo (e distrussero la civiltà del Nuraghi in Sardena), e furono vinti definitivamente solo dai faraoni d’Egitto5.

In seguito il pericolo poteva venire dai pirati Pelasgi. Questi, a sud di Troia, avrebbero occupato, oltre la Licia, anche la Caria e l’isola di Lemno, dove abitarono sino alla fine del VI secolo a.C.

Sulla cima del Beigua vediamo all’orizzonte il Monte Bego. Sul mar ligure notiamo il golfo del porto di Vado Ligure e di Savo (Savona), e nell’entroterra valbormidese il Castellaro di Cengio.

Non sappiamo in che anno i Romani conquistarono le Valli del Bormida, probabilmente (come scrisse Tito Livio XL 25.1) nel 181 a. C. quando il proconsole “Lucio. Emilio Paolo, ebbe prorogato il comando dopo il consolato, ed al principio della primavera passò nel territorio dei Liguri Ingauni (in Ligures Ingaunos)” di Albenga6 sottomettendoli. Forse consolidò la sua vittoria sottomettendo anche i Liguri Alpini delle Valli del Bormida.

24 anni prima (nel 205 a. C.) Magone (fratello di Annibale) aveva aiutato gli Ingauni a conquistare i Liguri Montani della Val Tanaro e del Cebano sino alle Langhe. Da allora questi territori rimasero sotto Albenga sino al Medio Evo (vedi i marchesi aleramici di Clavesana).

L’ultimo re d’Italia Berengario II in un diploma datato tra il 958 ed il 961 incaricò il marchese (margravio, in tedesco mark graf ossia conte di confine) Aleramo (di origine dai Franchi di Francia) affinché difendesse le sue terre dai Saraceni. Le terre di Aleramo si estendevano dal fiume Tanaro al fiume Orba ed al mare ligure. Partivano da Acqui Terme sino a Finale Ligure, e da qui sino al fiume Lerone – detto anticamente Burmia – tra Cogoleto ed Arenzano. Gli Aleramici perciò edificarono castelli (come quello di Cengio) e torri (come quella di Cengio Rocchetta) che porta impropriamente il nome di Torre saracena. In realtà era una torre aleramica Del Carretto che doveva difendere dai Saraceni.

Il lunedì 17 giugno 1224 il marchese aleramico Enrico II (figlio di Enrico I il Guercio marchese di Savona (Marchio Saone), insieme alla seconda moglie Agata (figlia del conte di Ginevra), fondò il monastero femminile cistercense di Santo Stefano di Millesimo donando a queste suore benedettine la pianura che andava dall’ansa del fiume (sotto il castello di Cengio) sino alla pieve di Santa Maria extra muros: tale pianura era allora in posse Cengii (sotto il possesso feudale del castello di Cengio).

Il 9 novembre 1206, data di fondazione di Millesimo, Enrico II costruì il borgo fortificato di Millesimo che insieme al nuovo borgo fortificato di Finale Ligure gli permise di consolidare i suoi possedimenti nel Finalese e nella Val Bormida di Cengio. Il marchese incassava il pedaggio sul ponte della Gaietta di Millesimo che collegava le strade da Asti e da Alba (Cortemilia) sino al mare di Finale. In quel tempo il castello di Cengio e la torre di Cengio Rocchetta erano solidi baluardi nel suo entroterra valbormidese.

La Torre di Rocchetta Cengio è detta erroneamente saracena, in realtà, come le altre torri saracene in riva al Mar Ligure, difendevano il territorio dai predoni Saraceni.

La torre di Rocchetta Cengio dominava la strada per Cairo Montenotte che passa per la frazione dei Pastoni, mentre il castello di Cengio Alto sorvegliava la strada per Cortemilia-Alba. Signore di Cairo e di Cortemilia era Ottone I (fratello di Enrico II), il marchese di Savona anche lui che, quando vendette i suoi beni di Savona prese per primo il soprannome Del Carretto. Lo stemma di Ottone I era raffigurato su di un carretto tirato da leoni e guidato da uno con l’armatura:

Lo stemma dei Del Carretto porta l’aquila imperiale perché dipendeva dall’imperatore tedesco.

Gli Aleramici Del Carretto furono i signori feudali di Cengio. Essi ricevevano l’investitura dall’imperatore tedesco anche se talvolta gli Aleramici marchesi del Monferrato (cugini dei Del Carretto) occuparono provvisoriamente le due Valli del Bormida. Le guerre da noi giungevano allora da parte dei Visconti duchi di Milano7, dal Comune di Genova8 ed in seguito dai Savoia, dai Francesi e dagli Spagnoli. Gli eserciti di Milano, Genova, di Francia, di Spagna e dei Savoia transitavano nelle Valli del Bormida portando distruzione e morte.

Il 26 gennaio 1636 Vittorio Amedeo I duca di Savoia con uno strattagemma fece venire a Ceva, terra sabauda, il conte Nicolò III Del Carretto signore di Millesimo e del castello di Cengio. Il 28 gennaio 1636 obbligò Nicolò III Del Carretto – fatto prigioniero dal conte Bezana governatore di Mondovì – a cedere ai Savoia il castello di Cengio. Vittorio Amedeo I duca di Savoia morì nel 1637 lasciando vedova la moglie Maria Cristina (sorella di Luigi XIII re di Francia) con un figlio di quattro anni Carlo Emanuele II. Sua madre, nota come Madama Reale, fece da Reggente al figlioletto. Si ricorda che il 20 ottobre 1638 <nella stanza superiore del castello di Cengio il barone Claudio di Montoux prestò giuramento come governatore di detto castello>. Ed il 23 marzo 1639 il generale spagnolo Martino d’Aragona, mentre ordinava l’assalto al castello di Cengio, <veniva colpito alla fronte da un archibugio da uccellare, onde restò subito morto>. Quindi il 30 marzo 1639 la guarnigione franco-sabauda del castello-fortezza di Cengio dovette arrendersi agli Spagnoli: il castello passò dai Savoia alla Spagna. Gli Spagnoli distrussero allora il castello di Cengio per vendicare l’uccisione del loro generale Martino d’Aragona. Poco dopo però ricevettero l’ordine del re di Spagna di riedificare tale fortezza perché strategicamente importante. Allora il 6 gennaio 1641 il conte Nicolò III Del Carretto signore di Millesimo e del castello di Cengio vendette detto castello a Filippo IV re di Spagna9. Il 21 aprile 1641 l’imperatore Ferdinando III concesse al conte Nicola III Del Carretto una salvaguardia contro <ogni attentato dalle armi dei Savoia e spagnole nei feudi di Cengio e Rocchetta Cengio, metà di Millesimo e di Cosseria>. L’altra metà di Millesimo e di Cosseria era stata investita sin dall’anno 1390 dall’imperatore ai marchesi Aleramici del Monferrato“. “Il 10 maggio 1641 lo stesso conte Nicolò III Del Carretto cedette a Casa Savoia “il suddetto castello del Cencio, Bormida [una frazione con la chiesa di Santa Caterina], Rocchetta [Cengio] e Ponzano10.

In una relazione del febbraio 1642 ed altra del 15 aprile 1642 dei rifornimenti furono portati nel castello di Cengio ad una compagnia di cavalieri ed a due di fanteria spagnola11. Il fatto è che la Spagna non aveva ancora pagato il castello del Cengio ed il 23 maggio 1643 il conte Nicolò III Del Carretto signore di Millesimo fece una nuova richiesta di denaro al re di Spagna. Questi versò tale cifra al cnte nell’agosto 1643.

Il 7 novembre 1659 venne firmata la Pace dei Pirenei da Dom Lewis De Haro per la Spagna ed il cardinal Mazzarino per la Francia. Una delle decisioni che furono prese fu che i territori tra Cengio e Millesimo sarebbero stati ceduti dalla Spagna al Ducato di Savoia

Il 20 luglio ed il 21 ottobre 1660 l’imperatore Leopoldo I d’Asburgo scrisse al duca di Savoia Carlo Emanuele II ordinandogli di far ritirare le truppe dai luoghi di Cengio e di Millesimo, e di annullare o revocare ogni atto fatto dal duca di Savoia contro il conte Nicolò III Del Carretto di Millesimo e di pagare i danni arrecati al conte. L’Imperatore il 14 giugno 1661 rinnovò l’investitura di metà Contea di Millesimo e di Cosseria e di tutta la Contea di Cengio e Rocchetta Cengio al conte Stefano Del Carretto; e lo stesso faceva il 10 settembre 1682 con il conte Domenico Francesco Maria Del Carretto, rispettivamente figlio e nipote del conte Nicolò III Del Carretto12.

Solo con i Preliminari della Pace di Vienna del 3 ottobre 1735 la Casa Savoia verrà definitivamente in possesso delle 46 terre imperiali delle Langhe comprendenti anche Cengio e Rocchetta Cengio, insieme alla metà di Millesimo, Cosseria, Plodio, Biestro ed Acquafredda.

Quando Casa Savoia consolidò il possesso su Cengio, Napoleone fece capolino in Val Bormida e dal 12 aprile 1796 alla sera del 21 aprile (in soli 9 giorni) allontanò gli Austriaci e sconfisse i Piemontesi. Il generale austriaco Provera il 13 ed il 14 aprile si era rifugiato tra i ruderi del castello di Cosseria. Questi continuava a parlamentare con Napoleone perché aveva capito che il Corso aveva fretta. Provera sapeva che il reggimento austriaco di Belgioioso si era portato con 700/800 uomini verso Rocchetta Cengio e Roccavignale per tentare di portargli soccorso. Sapeva che anche altri granatieri piemontesi dovevano trovarsi a Cengio ed al monte Cerchio, ma ignorava che essi fossero tenuti a bada dai Francesi. Il generale della 3a divisione francese Charles-Pierre-François Augereau “dovette limitarsi a piccole scaramucce intorno ai villaggi di Roccavignale e Cengio, che controllano l’accesso alla strada per le alture circostanti…Solo il giorno seguente [15 aprile] Augereau… poté aver ragione di quegli ostacoli che Bonaparte non sembrava valutare nel loro giusto valore”.

Dunque il 15 aprile la 3a divisione francese di Augereau occupò l’accesso alle alture di Montezemolo e permise a Napoleone di avanzare. Camminando da Montezemolo sulla cresta delle Langhe troviamo la località Pedaggera14.

Questa è la chiave d’entrata nel Piemonte: per Dogliani verso Cherasco e per Bossolasco verso Alba. La battaglia della Pedaggera durò tutta la giornata del 16 aprile. Iniziò alle ore 12 con l’assalto francese contro i Piemontesi che si trovavano in posizione dominante e ben trincerati. Allora 600 dei 5000 francesi furono messi fuori combattimento. Ma durante la notte i Piemontesi ricevettero l’ordine del generale sabaudo barone Michele Alessandro Colli-Marchini di ripiegare su Ceva, ed in seguito di ritirarsi dietro il fiume Corsaglia. Colli non riceveva rinforzi da Torino e fu obbligato a resistere ritirandosi su posizioni favorevoli. Intanto Napoleone era solito inviare al Direttorio Esecutivo (al governo) di Parigi proclami altisonanti di vittorie. Ma il 16 aprile, come in altre giornate di disfatta, Napoleone mandò nessuna missiva a Parigi come se nulla fosse successo alla Pedaggera. Invece qui si realizzò una grande vittoria dei Piemontesi. Se il re di Sardegna e duca di Savoia Vittorio Amedeo II avesse inviato rinforzi al suo generale Colli non è detto che Napoleone avrebbe avuto l’avanzata facilitata. Napoleone, che fu uno dei più grandi ladri della storia, permise ai suoi soldati di portare via ai contadini valbormidesi tutto il grano, il vino, mucche e buoi lasciando loro la fame e la morte. C’é da chiedersi cosa è restato della proclamata Rivoluzione Francese a Cengio. Possiamo concludere che “”le tracce lasciate dalla Rivoluzione Francese sono quelle della guerra e queste sono fastidiose per essere stato il paese messo alla miseria dalle scorrerie delle truppe” francesi15.

A fine 1799 i giornali in Liguria erano 21, e nel 1805 solo 2: la Gazzetta di Genova in francese e italiano, e Le journal de Gènes interamente in francese. Il primo effetto dell’annessione della Liguria alla Francia fu l’introduzione delle leva obbligatoria fino allora del tutto sconosciuta in Liguria. La legge dell’8 fruttidoro dell’anno XIII (26 agosto 1805) obbligò la leva dei coscritti di venti anni d’età, celibi e fisicamente abili. Nelle Statistiche del Prefetto conte Chabrol de Volvic (a pag. 324) compare più volte un’annotazione sui coscritti: “inclini alla diserzione… portati a disertare… mal disposti”. Dati ancora più indicativi furono quelli riguardanti i decessi dei giovani militari ed un rapporto francese specificò che questi erano <inclini più alla pace che alla guerra>. Fra il 1797 ed il 1805 l’intero Dipartimenti di Montenotte perdette il 7,19 % dei giovani fra i 20 e i 30 anni (da 44.934 si ridussero a 41.700). In sintesi 3.934 giovani furono vittime di guerre, dell’occupazione francese, malattie, fame o caduti sui campi di battaglia di mezza Europa. Il Dipartimento di Montenotte era diviso in Cantoni, e quello di Millesimo aveva bisogno di una strada militare che collegasse con Ceva. Le difficoltà di tracciato furono quelle incontrate in località “giro grande” dopo la frazione Strada di Roccavignale. Qui la roccia di arenaria (sulla sinistra del Castellaro di Cengio) venne tagliata a picco e di grande altezza16sul precipizio sovrastante il castello di Roccavignale. Fu questa l’unica realizzazione utile che Napoleone ci lasciò anche se la strada da Carcare a Ceva venne realizzata con una manodopera obbligata valbormidese. Nel 1814 cadde la dominazione napoleonica che da noi restò memorabile per un pauroso nubifragio che si abbatté, fra il 3 ed il 4 settembre, con grandinata che gettò a terra tutta la frutta (mele, pere, uva e noci) distruggendo campi e vigneti. Il 15 dicembre 1814 i vincitori (Austriaci, Prussiani, Russi ed Inglesi) si riunirono nel Congresso di Vienna, dove, tra l’altro, decisero che i tre Dipartimenti liguri-francesi fossero annessi al regno di Piemonte-Sardegna. Gli abitanti della Val Bormida non erano più cittadini francesi, ma sudditi di Casa Savoia e la loro situazione economica si trovò migliorata. Migliorarono le produzioni di frumento, mais, legumi, castagne, uva e si tornò ad allevare bestiame. Purtroppo negli anni ottanta la filossera (un parassita che attaccava le radici delle viti) distrusse totalmente i vigneti della Val Bormida e di quasi tutta l’Italia provocando la scomparsa di vitigni secolari che erano la ricchezza del paese.

Storia Moderna

Nella storia recente ciò che rese famoso Cengio fu la sua fabbrica di dinamite. Nell’archivio del Comune di Cengio esiste un verbale del 26 marzo 1882 relativo alla domanda del Signor Pessano Giuseppe per essere autorizzato ad impiantare nel tenimento Ponzano [vedi nota 10 a pag. 2], territorio di questo Comune, una fabbrica di dinamite. Visto il parere positivo del Prefetto di Savona al riguardo, il sindaco Antonio Garello con la Giunta cengese concedeva questa autorizzazione sempre in data 26 marzo 1882. “Secondo Andrea Zanini, nel suo recente “Le radici del futuro17“, lo stabilimento risulta attivato nel 1884 [?] dalla Società Continentale Glycerines et Dynamites di Lione18 (Francia). Ma secondo la prof.ssa Irma Dematteis “la piccola fabbrica di dinamite iniziò a funzionare in quello stesso mese di ottobre [1882 a Cengio]”19. Sono d’accordo con Irma. Infatti “l’atto costitutivo della Società denominata Societé Continentale Glycerines et Dynamites con sede a Lione e con stabilimento secondario nel comune di Cengio, è del 14 ottobre 1882, i fondatori furono Francesco Armandy e l’esperto in esplosivi Eugenio Barbier

Eugène-Jean Barbier nel 1883:Création de la Société Anonyme d’Explosifs et de Produits Chimiques par Eugène-Jean Barbier, 1er Président d’EPC.

quest’ultimo ne sarà anche l’amministratore delegato – i consiglieri sono due francesi, il dottor Crollas, chimico di Lione, Giulio Garnier di Parigi e due savonesi, Giuseppe Tardy di origine savoiarda e il banchiere Angelo Ponzone20”. La fabbrica di dinamite sorgeva a pochi metri dal confine con il comune piemontese di Saliceto (della Provincia di Cuneo).

Diversi fattori favorirono tale insediamento industriale:

La sede comunale di Cengio si trovava a Cengio Alto. Ma a Cengio Genepro e precisamente nel piazzale della Stazione vi era un enorme traffico di merci e passeggeri. L’Albergo-Ristorante della Stazione (iniziato da mio nonno Francesco Icardi23 nel 1870) ebbe la particolare concessione di restare aperto un’ora in più la sera per dare ristoro ai viaggiatori che arrivavano con l’ultimo treno della giornata. Francesco Icardi era stato bersagliere nella 2 e 3 guerra d’indipendenza e, come volontario bersagliere nel settembre del 1870 alla presa di Porta Pia a Roma. Tornato a Cengio fu consigliere comunale il 10 agosto 1884. Egli fece decidere il Consiglio Comunale affinché trasportasse la sede del Comune da Cengio Alto a valle e precisamente nella sede provvisoria dell’Albergo-Ristorante della Stazione. Egli morì il 22 gennaio 1903 ed ebbe un funerale a spese del Comune

Nel 1906 lo stabilimento di Cengio diventò di proprietà della S. I. P. E. (Società Italiana Prodotti Esplodenti) con sede a Milano.

Questa fabbrica segnò lo sviluppo della zona e di tutta la vallata, sia ligure che piemontese. Era, in pratica, l’unica fabbrica24 italiana di tritolo, a cui si aggiunsero altri prodotti chimici e polveri da sparo. Tali prodotti vennero esportati all’inizio in Russia. Con questa produziobne ebbe inizio un conflitto tra fabbrica e territorio: nel 1909 il pretore di Mondovì (CN), su denuncia dei contadini piemontesi della vallata, dichiarò inquinati i pozzi di Saliceto, Camerana e Monesiglio.

Ma le guerre avevano bisogno di esplosivi. Dopo le guerre russe vi fu la guerra di Libia (1911-1912) alla quale prese parte mio padre Alberto Icardi. Partì come alpino (artiglieria alpina) nella guerra di Libia contro i Turchi.

A destra nella foto – con in mano un bastone – Alberto Icardi (padre dell’autore) a 18 anni prese la tradotta militare per il fronte libico nella guerra vittoriosa contro la Turchia.

Stabilimento SIPE di Cengio nel 1912

Nel 1915 25 gli operai della fabbrica di Cengio erano 286, nel 1916 26passarono a 2.000, a 5000 nel 1917, 8.000 nel 1918, compresi impiegati, ingegneri e chimici.

Nella Prima Guerra Mondiale (maggio 1915 1918) mons. Giovanni Roattino (cappellano militare che poi sarà parroco a Cengio costruendo la Chiesa di Santa Barbara) trovò in dotazione alle truppe italiane le bombe a mano SIPE e tutti gli altri prodotti esplodenti prodotti dalla SIPE di Cengio. Molti contadini della Val Bormida preferirono diventare operai della SIPE per evitare di partire in guerra.

Teresina Bagnasco (di Cengio Rocchetta) vedova Icardi Francesco (deceduto nel 1903) è seduta al centro con 4 figlie (ebbe 11 figli in totale), attorniata dagli avventori dell’Albergo-Ristorante della Stazione di Cengio

L’Albergo-Ristorante della Stazione di Cengio è stato iniziato dal bersagliere Francesco Icardi prima della Presa di Porta Pia a Roma del 20 settembre1870. Egli era stato congedato dai Bersaglieri ed aveva acquistato uno terreno presso la futura Stazione Ferroviaria di Cengio e un altro albergo nel luogo della futura Stazione Ferroviaria di Saliceto. Prevedeva di poter ospitare gli operai della ferrovia27. In quel tempo si costruiva la galleria del Belbo tra la stazione di Saliceto e quella di Sale Langhe. E Cengio apparteneva ancora alla Provincia di Genova28 come leggiamo in alto a sinistra della foto.

La fine del Primo conflitto mondiale (1918) fece crollare la produzione dello stabilimento di Cengio (foto sotto), che scese a soli 800 operai.

Gli abitanti di Cengio erano 3470 nel 192029 e scesero a 2566 nel 1922. La fabbrica continuava la produzione con 800 operai circa e 60 impiegati nel biennio 1924-1925. Fu l’inizio di una particolare riconversione produttiva: dall’unica produzione di esplodenti a quella di intermedi per coloranti, con l’entrata del gruppo Italgas. Nel 1928 900 furono gli operai e circa 1.000 nel 1929.

Dai prodotti esplodenti ai coloranti.

La SIPE si fuse con la Società di Coloranti Italica di Rho (1925) e di Cesano Maderno (1927), che diedero vita all’ A. C. N. A.30 (Aziende Chimiche Nazionali Associate) sotto il controllo dell’Italgas.

Ricordo che nel 1929 il territorio comunale di Cengio si ingrandì con l’annessione del comune di Rocchetta Cengio (raggiungendo l’area odierna di 18,79 kmq.). Infatti Napoleone aveva decretato che le varie parrocchie diventassero Comuni.

Il 25 ottobre 1929 si trasferì anche la sede della parrocchia dalla Natività di Maria di Cengio Alto a S. Barbara a Cengio Genepro. Qui i locali provvisori si trovarono nell’ex gasometro, adattato secondo il progetto dell’ingenier Downie, in attesa della costruzione della nuova Chiesa di S. Barbara con annessa canonica ed asilo infantile.

Nel 1931 l’ACNA passò alla Montecatini, Società Generale per l’Industria Mineraria e Chimica.

E la Montecatini riorganizzò con la tedesca Farben-Industrie 31 la nuova ACNA (Società Anonima Colori Nazionali e Affini).

La mano d’opera riprese a crescere: si passò dai 717 operai del 1931 sino alle 2.000 unità occupate nel 193532, 1.892 nel 1937 e 2.500 dell’anno 1940.

Questo incremento dell’occupazione33 fu causato dall’aumento di domanda di tritolo-dinamite e prodotti esplodenti, conseguente all’entrata in guerra dell’Italia nel Secondo Conflitto Mondiale (1940). Nel 1942 gli operai furono 2.431; 1.351 nel 1945, poi tornarono sopra i 2.000 nel 1946 e 2.000 erano nel 1950.

I fucilati di Cengio nella II Guerra Mondiale.Negli anni ’44 e ’45 alcuni cengesi (o residenti a Cengio) vennero catturati ed in seguito uccisi dai nazifascisti. “Il 22 agosto ’44, a Cengio, i tedeschi per rappresaglia, uccisero il civile Francesco Bruno di anni 2934. Ma l’eccidio più feroce fu quello del 27 febbraio 1945 dove vennero fucilati sette civili di Cengio: Silvio Camoirano (1912), Giovanni Lerma (1907), Giovanni Marenco (1907), Anselmo Pasini(1909), Luigi Rimoldi (1911) e Pasquale Scavino (1904). Così li descrive Irma Dematteis: Vengono uccisi la sera del 27 febbraio 1945 dal tenente fascista della San Marco, Renato Danon. Da una lettera di richiesta per risarcimento-danni del padre diSilvio Camoirano:La sera del 27 febbraio u.s. verso le ore 19.30 dopo azioni di fuoco contro il mio esercizio, sono entrati nel negozio stesso [Bar-tabaccheria di Piazza della Stazione di Cengio], in assenza mia e dei miei famigliari, elementi armati della divisione “San Marco” i quali si allontanarono verso le 20.30 in direzione di Millesimo portando con sé i miei due figli e altri borghesi che si trovavano nel mio esercizio.Come mi riferisce mio figlio Alberto, all’altezza della caserma dei Carabinieri sulla strada per Millesimo, sopraggiunse un camion con sopra il comandante [Renato Danon] e diversi soldati della “San Marco”; il comandante, appena sceso dalla macchina, scambiò alcune parole con il comandante di squadra e aprì il fuoco contro i civili con grida infernali. In questa sparatoria cadde assassinato mio figlio Silvio (ammogliato con una bimba di sette mesi a carico) e altri sei civili, mentre mio figlio Alberto rimase per lungo tempo sul camion ferito gravemente assieme a Marenco”.

Renato Danon. Renato Danon era nato ad Istanbul il 6 giugno 1918 e quindi, all’epoca dei fatti, aveva 26 anni. Era comandante della V compagnia San Marco di stanza a Millesimo.Nel gennaio 1946 venne rintracciato, identificato ed arrestato a Roma. Tradotto nelle carceri di Savona il processo contro di lui come criminale di guerra fu fissato il 27 aprile 1946 davanti alla Corte d’Assise Speciale, poi venne sospeso per istanza del difensore: l’avvocato portò quali ragioni il fatto che il difensore di un altro imputato… finiva all’ospedale per fatto [pericolo] di folla, per essere stato l’imputato da lui difeso condannato a 30 anni anziché a morte. Il presidente della Corte di Savona, data l’eccitazione degli animi, rinviava tutti i processi.”La nuova udienza si doveva tenere il 7 ottobre, ma ancora una volta il processo fu sospeso e rimesso alla Sezione Speciale della Corte d’Assise di Torino. Il capo d’imputazione: “per avere in territorio di Savona in epoche successive all’8/9/1943 collaborato col tedesco invasore, commettendo fatti diretti a favorire le operazioni militari ed a nuocere alle operazioni delle forze armate dello Stato italiano, attuando rastrellamenti nel corso di uno dei quali (quello del 27/2/1945 a Cengio) uccideva sette civili e ne feriva gravemente due; arrestando elementi appartenenti alle forze partigiane o aventi con esse rapporti seviziandoli crudelmente allo scopo di ottenere informazioni che facilitassero la sua opera di repressione di ogni forma di resistenza al nemico invasore.” Il C.L.N. di Cengio in data 7/1/1946 mandò al tribunale una relazione sui fatti secondo varie testimonianze.Di stanza a Millesimo, [Danon] presidiava anche i paesi vicini e si faceva notare immediatamente per le sue maniere violente a danno di tutte le categorie della popolazione che terrorizzava con le sue losche macchinazioni fasciste.Fanatico per eccellenza e delinquente vigliacco si divertiva a terrorizzare gli ostaggi catturati con alcun motivo, sparando a bruciapelo colpi di rivoltella per dimostrare la sua bravura nel maneggio delle armi, nel che era effettivamente alquanto addestrato date le sue innumerevoli soperchierie effettuate a mano armata contro innocenti civili.Molto temuto da tutti persino dai suoi camerati, tra cui il sergente Azzarà, suo braccio destro, esercitava un completo dominio della situazione formando segrete combriccole di spie, servendosi anche di bambini, ai quali incuteva terrore profondo, ottenendo quindi tutto quanto gli era necessario per la lotta contro i partigiani e i loro sostenitori.Provvedeva ad effettuare dei rastrellamenti nelle zone vicine, seminando sempre terrore e disperazione tra le innocenti famiglie che avevano la disgrazia di imbattersi in lui.Durante questi rastrellamenti notevoli quantità di ostaggi venivano catturati e malmenati, perché non indicavano le località partigiane, ed in seguito anche i partigiani venivano catturati e percossi e, dopo innumerevoli sevizie, internati in Germania da dove molti non sono più tornati..A coronamento delle sue atrocità, la sera del 27.2.1945, dopo che una pattuglia si era scontrata con le formazioni partigiane, arrivava di rinforzo, dopo che i suoi degni camerati avevano già catturato una decina di ostaggi, i quali non entravano affatto nella scaramuccia avvenuta.[Erano dei padri di famiglia che usciti dal lavoro in fabbrica [a Cengio] erano andati a bere un bicchiere nel Bar-tabaccheria di Camoirano] Appena informato della cosa, senza degnarsi di interrogare alcuno, colla sua stessa arma il Danon apriva il fuoco sui poveri ostaggi disgraziati, che cadevano falcidiati a morte. Sette persone vennero assassinate e due furono ferite gravemente e si salvarono miracolosamente dall’eccidio approfittando delle tenebre.Sei vedove e diciassette bambini attesero invano il ritorno dei loro cari che giacevano in un lago di sangue caduti così senza colpa sotto i colpi della brutalità di un criminale fanatico.

Finita la guerra l’acronimo ACNA non cambiò, ma di qui in avanti la denominazione sarà Azienda Coloranti Nazionali e Affini. Nel 1976, dopo il disastro di Seveso, venne promulgata la Legge Merli, che per prima stabiliva limiti e divieti precisi alle emissioni inquinanti.  L’11 maggio 1979 esplose il reparto del cloruro di alluminio e morirono due operai. Nella fabbrica avveniva il 65% della produzione mondiale di questo composto e si temeva per le sorti dello stabilimento, ma soprattutto si tornò a chiedere a gran voce all’ACNA il rispetto delle leggi, per la sicurezza dei lavoratori e degli abitanti della zona. Alla fine degli anni ottanta si cominciò a parlare anche in sede di Governo di imporre una chiusura preventiva della fabbrica. Una prima chiusura si ebbe nel 1988, di 45 giorni sino ad agosto. Nel 1998 la legge 426 inserì l’ACNA di Cengio fra i siti di interesse nazionale ad elevato rischio ambientale. Nel 1999, dopo 117 anni, lo stabilimento chiuse e i restanti 230 lavoratori vennero messi in cassa integrazione. Nel 2002 si costituì l’ALA (Associazione Lavoratori Acna), fondata dagli ex lavoratori, a Millesimo. Attualmente è in corso la bonifica del sito ACNA. Ad intraprendere tale bonifica è stata la società Eni Rewind, attuale gestore dei terreni dell’ex stabilimento chimico.

Dal 1973 al 30 aprile 2011 Cengio ha fatto parte della Comunità montana Alta Val Bormida.

Dal 1º maggio 2011 l’ente montano è stato soppresso con il trasferimento delle deleghe in materia nuovamente alla Regione e ai comuni interessati.

Riferimenti bibliografici

1 Flavio Magno Aurelio Cassiodoro (490-583), cita la lettera scritta nel 535-536 dal re ostrogoto Teodato. Questa è indirizzata al conte (comes) Visibado:“avendoci persuaso la nobiltà degna di lode del tuo lignaggio e le prove della tua grande fedeltà ad affidarti in tempo di pace il governo di quella città di Pavia che già avevi difeso durante le guerre,… obiettasti di volerti recare presso le Acque del Bormida (Aquas Bormias), che producono un effetto piuttosto astringente e sono salutari specialmente per questa malattia (podagrae)” che è la gotta. Il testo si trova in Icardi Franco Mauro, Ligurie e antichi Liguri secondo gli scrittori greci e latini, l’archeologia e le iscrizioni antiche, Cengio, ebc (Edizioni Biblioteca di Cengio), 2016, ISBN 978-88-87730-39-5, pag. 339. Vedi anche la Tabula Peuntingeriana in Icardi op. cit., pag. 288 “Labonia”: il fiume Lerone anticamente era detto la Burmia (Bormida). Il prof. Fiorenzo Toso di Arenzano (linguista all’Università di Sassari deceduto di recente) scrisse che il fiume Lerone (tra Cogoleto ed Arenzano) era detto Burmia. Alessio Giovanni, Il nome dei Liguri, in Rivista Studi Liguri, a. XII, n° 3, 1947, Bordighera, IISL, pag. 112 chiariva che “il ligure bormo… è inseparabile da borbofango”: il nome Burmia poteva significare “fiume che trasporta fango”. Ė certo che il nome Burmia non deriva dal tedesco warm (caldo) e tanto meno dal gallo-celtico dio Borvo-Bormano che significa bollente. Le acque del Bormida sono da distinguere nettamente dalla sorgente “la bollente” di Acqui Terme. L’amico Lorenzo Carlini di Finale Ligure mi ha segnalato che nel dipartimento francese del Gard nelle Cevenne esiste la Valle dei due fiumi Borgne detti anticamente Burmia poi francesizzati in Bornha. Lorenzo mi ha comunicato che l’antico nome Burmia era quello di un fiume del Canton Vallese, in Svizzera, che confluisce nel Rodano a Sion; in seguito francesizzato in La Borgne. Gli amici Massimo Sangalli di Cairo Montenotte e Cosmo Olivieri di Murialdo mi riferirono che quando piove nei due rami del fiume Bormida (di Cengio e di Cairo Montenotte) l’acqua è fangosa ed il fango si deposita sul letto del fiume per parecchio tempo. Ciò confermerebbe il sopraddetto “Burmia: fiume che trasporta fango”.

2 Icardi Franco Mauro, Ligurie e antichi Liguri secondo gli scrittori greci e latini…, op. cit., pag. 201, 204-205: “Magone (fratello di Annibale) prese Genova… Di lì approdò presso la costa dei Liguri Alpini… Gli Ingauni… popolazione dei Liguri in quel tempo combattevano contro gli Epanteri Montani”. Vedi Icardi Franco, Mauro Gli antichi Liguri e le Ligurie. La Val Bormida e Roccavignale: alla ricerca delle radici comuni dall’età della pietra ad oggi, 2a ed., Camerana (CN), 2009, pag. 33-51.

3 Icardi Franco Mauro, Ligurie e antichi Liguri…. op..cit., pag. 55: “a Villa del Foro sono state trovate epigrafi in lingua etrusca volterrana-senese”.

4 Icardi Franco Mauro, Gli antichi Liguri e le Ligurie. La Val Bormida e Roccavignale…, op. cit., pag. 33-51.

5 Icardi Franco Mauro, Ligurie e antichi Liguri…, op., cit., pag. 48-49: <L’iscrizione tebana del 1229 a. C. di Karnak esalta la vittoria di Merenptah (faraone egiziano dal 1213 al 1203 a. C., figlio di Ramses II) sui Libici e le “nazioni (o popoli) stranieri del mare. E sopra un pilastro del tempio di Ramses III l’iscrizione Medinet Habu del 1191 a. C. mostra l’altra vittoria sui popoli del mare.>. Vedi nota n° 67: <Semerano Giovanni, Le origini della cultura europea, vol. I: Rivelazioni della linguistica storica [2 parti], Firenze, Olschki, 1984. pag. 601; “Nella iscrizione tebana di Karnak, che esalta la vittoria del faraone Merneptah [Merenptah significa l’amato dal dio creatore Ptha.).La stele, trovata nel 1896 presso il tempio funerario del faraone a Tebe, è ora nel Museo del Cairo in Egitto. Vittoria] riportata nel 1229 c [a. C.] sui Libici, [sulla stele] vengono ricordati tribù e popoli invasori, tra i quali gli Š’k(j)rdjn’ [? Šrdn.w] ed i Š’k(‘)rwš [? Šqrš.w], vocalizzati da Albright in Šardana o Šardina e Šakaruša, gli uni identificati con i Sardi e gli altri con i Siculi. La tradizione tucidea [? É invece di Filisto di Siracusa] vuole che circa tre secoli prima dell’arrivo dei Greci e dei Fenici, i Siculi (di origine ligure), attraversata la penisola si stanziassero in Sicilia”. I Popoli del Mare dell’iscrizione di Merenptah sono detti <i nove arch>i: gli EqwešAhhiyawa [Jqjwš.w che praticavano la circoncisione quindi non potevano essere Achei], i TerešTurša (Trš.w Tursenoi-Tirreni-Etruschi), i Lukka (Licii della Licia), Wešeš (città di Wiluša o Troia), DanunaDenyen (DauniDanaiMicenei), i Libu (Libui Λίβυες) di carnagione rosea, occhi chiari e barba biondiccia: berberi della Libia), ZekerTjeker associati ai Peleset [Prst.w Filistei della Palestina], i Shardana (Sardi) ed iŠekeleš (Siculi). I popoli del mare venivano citati in 4 lettere scoperte a Ugarit, città fenicia distrutta attorno a 1180 a. C. durante il regno di Hammurabi (1191-1182 a. C.). Le lettere risalgono alla prima metà del XII sec. a. C.”. Ed a pag. 271: “distrutte Tiro, Ugarit, Tell Abu-Hawam (presso Haifa), Dor e Ascalona verso il 1172 av. Cr.”>.

6 Tito Livio XXVIII, 46. 7-11: “In quella estate [della campagna di guerra del 205 a. C.] Magone, figlio di Amilcare [Barca cartaginese, e fratello di Annibale]…con un suo improvviso arrivo prese Genova (Genuam) senza che nessun presidio difendesse il litorale. Di lì approdò presso la costa dei Liguri Alpini (ad oram Ligurum Alpinorum)… Perciò il Punico [Magone cartaginese],lasciato il bottino aSavona, città fortificata del Liguri Alpini (Savone, oppido Alpino),… Egli stesso, stretto un patto di amicizia con gli Ingauni, la cui amicizia preferiva (societate cum Ingaunis, quorum gratiam malebat, composita) cominciò ad attaccare i Montani (Montanos instituit oppugnare).”.

7 Icardi Franco Mauro, La fine di un mito genovese. Cristoforo Colombo è nato a Savona, 3a edizione, Cengio, ebc (Edizioni Biblioteca di Cengio), 2019. pag. 8: ”Saona (Savona) che, al pari di Genova, dal 1421 al 27 dicembre 1435 fu sotto il dominio di Filippo Maria Visconti duca di Milano. In tale periodo i nati a Savona erano “naturales de la provincia de Milán”. Il 27 dicembre 1435 Genova si liberò del giogo visconteo, quindi nel marzo 1436 Tommaso de Campofregoso ritornò ad essere doge di Genova. E Savona fu nuovamente sottomessa al Comune di Genova anzi divenne un caposaldo nella guerra contro l’esercito milanese stanziato nella Riviera di Ponente ed in Val Bormida”.

8 Icardi Franco Mauro, La fine di un mito genovese. Cristoforo Colombo nasce a Savona nel 1436 circa ed i Genovesi distruggono il porto di Savona nel 1440, 2a edizione, Cengio, ebc, 2018, ISBN 978-88-87730-40-1, pag 23-24: “La sera di mercoledì 3 agosto 1440 alle ore 22 di sera la galera di custodia di Cristoforo e Angelo Dentuto con un carico di 12 quintali di gallette salpa dal porto di Genova e si dirige verso ponente; nessuno dell’equipaggio, salvo il patrono, conosce la meta del viaggio. Insieme con essa altre quattro galere levano l’ancora (due di Battista Fieschi, una di Benedetto Vivaldi e la galera disarmata di Battista Spinola), con a bordo 329 soldati di fanteria della Val Polcevera al comando di Bernardo e Barnabò Cambiaso… Alle prime luci dell’alba (diluculo) di giovedì 4 agosto le sei imbarcazioni entrano nel porto di Savona… Stando alla scarna relazione presentata due giorni dopo al Consiglio genovese, le truppe irrompono entro le mura, occupano le porte, le torri ed i luoghi più elevati ed infine si impadroniscono di tutta la città, certo appoggiate anche dai soldati [genovesi] di guarnigione nei castelli di San Giorgio e dello Sperone… Damiano Pissardo, allora trentanovenne, vede il vino scorrere a fiumi per le strade, le case scassinate e depredate, molte donne violentate ”. Ed a pag. 33: “La decisione del 1440 fu quella della fazione Campofregoso al potere, ma i verbali delle riunioni del governo genovese (come quella del 6 agosto alla quale presero parte circa 340 cittadini) rilevano la presenza dei 12 Anziani del Comune e dei membri dell’Officium Balie (esecutori delle delibere governative), dell’Officium Provisionis (con competenze legislative e finanziarie), dell’Officium Provisorum rerum Saonensium, dell’Officium Provisorum monete, e soprattutto dell’Officium Sancti Georgi (Consiglio dell’Ufficio e del Banco di San Giorgio detto Compera Sancti Georgi). Quest’ultimo fu il vero protagonista perché ad esso spettava il gettito di 24 carati maris e delle imposta evase dalle navi Saonesi. Questa poderosa organizzazione creditizia privata finanziò per i due terzi la spedizione militare genovese e l’occupazione di Saona dal 4 agosto 1440 al 31 gennaio 1443”. Il porto di Savona venne interrato con le pietre del molo distrutto, quelle del borgo sul mare e quelle delle mura di Savona sulla vecchia Darsena. Fu un disastro anche per i paesi della Val Bprmoda che si vedevano privati del porto utilizzato da tutto l’entroterra savonese. Nel 1448 Genova distrusse il castel Govone di Finale Ligure ed il marchese Del Carretto Galeotto I si rifugiò nel castello di Cengio presso i cugini Del Carretto di Millesimo signori di Cengio prima di andare a rifugiarsi in Francia ,e perire nel mare di Bretagna.

9 Icardi Franco Mauro, Gli antichi Liguri e le Ligurie. La Val Bormida e Roccavignale…, op. cit., pag. 122-124.

10 Ponzano è la pianura lungo il fiume Bormida dove si costruirà nel 1882 la fabbrica di dinamite e prodotti esplodenti e nel 1927 l’ACNA.

11 Colombardo Omero, “Cengio e i signori Del Carretto”, Cemgio, Iannuccelli, 1983, pag. 100-103.

12 Icardi Franco, Gli antichi Liguri e le Ligurie. La Val Bormida e Roccavignale…, op. cit., pag. 129: “Nel 1703 Vittorio Amedeo II duca di Savoia per timore di una prevalenza Franco-Ispana che lo avrebbe stretto da ogni parte, rotta ogni trattativa con la Francia, si unisce all’imperatore Leopoldo I d’Asburgo sottoscrivendo l8 novembre il trattato di confederazione <richiamando in vigore i patti del 1690 riguardanti le Langhe… In seguito alla vittoria riportata dai principi sabaudi Eugenio e Vittorio Amedeo a Superga il 7 settembre 1706, il duca di Mantova Monferrato (Ferdinando Carlo di Gonzaga-Nevers) si vide occupare tutti i suoi stati… Allora l’imperatore Giuseppe I riprende le trattative per ceder i Feudi delle Langhe a Casa Savoia. Il 7 luglio 1708 viene pubblicato il rescritto imperiale che investe il duca Vittorio Amedeo II dei feudi delle Langhe. Il duca Vittorio Amedeo II si arroga molti diritti che secondo le investiture imperiali non gli spettano…Allora il 29 luglio 1709 l’imperatore Giuseppe I annulla i giuramenti di fedeltà prestati prima al duca di Savoia…. (Cengio) torna così sotto l’autorità del solo imperatore austriaco… Ma nel 1711 muore Giuseppe I imperatore d’Asburgo e gli succede il fratello arciduca Carlo (già nominato re di Spagna) col nome di Carlo VI… Questi il 16 maggio 1711 aggiudica al duca Vittorio Amedeo II metà di Cosseria, Plodio, Biestro, Acquafredda. Rocchetta Cengio, Altare, Mallare, Roccavignale…Con la Pace di Utrecht del 22 settembre 1713 il duca Vittorio Amedeo II di Savoia ha il titolo di re di Sicilia ed ottiene pure il Monferrato quindi metà di Millesimo che dipendeva dall’imperatore ”.

13 Icardi Franco Mauro, Gli antichi Liguri e le Ligurie. La Val Bormida e Roccavignale…, op. cit., pag. 135.

14 Pedaggera significa luogo del pedaggio (da pagare al duca di Savoia.).

15 Icardi Franco Mauro, Gli antichi Liguri e le Ligurie. La Val Bormida e Roccavignale…, op. cit., pag. 152: “Malgrado le iniziali buone intenzioni la coesistenza con i Francesi nelle terre valbormidesi si rivela subito difficile ed in alcuni paesi vicini, come Roccavignale, disastrosi. Sin dagli anni 1796 a tutto il 1800 i soldati francesi mancano di tutto: dalle scarpe ai vestiti, dalle armi al cibo, ed allora saccheggiano. Requisiscono e reprimono ogni tentativo di resistenza della Valle Bormida occupata. Prendendo troppo alla lettera il proclama di Napoleone del 1796 (di Nizza all’inizio dell’invasione), i vincitori francesi non pensano ad altro che a fare man bassa su tutti gli oggetti che tentano la loro cupidigia. In questi poveri villaggi valbormidesi, distruggendo e insudiciando tutto ciò che non potevano portare via. Questo scrivono anche alcuni storici francesi come il Félix Bouvier nel suo libro Bonaparte en Italie en l’an 1796, Paris 1899. Stime francesi (in Godechot Jacques, La Ligurie à l’epoque revolutionnaire et napoleonienne, in Atti e Memorie, nuova serie, vol. XVIII, Savona S.S.S.P., 1984, pag. 23) parlano di 855.000 franchi-oro che, nel solo anno 1796, Napoleone inviò in Francia (senza contare ciò che fu portato via dai soldati francesi dalle nostre terre) dal nord-Italia per rimpinguare le casse vuote del governo rivoluzionario di Parigi. Si fanno pesanti le contribuzioni obbligatorie per i vari comuni, destinate ai bisogni quotidiani delle truppe francesi. Allora per reazione nell’anno 1799 molti paesi valbormidesi abbattono l’albero della libertà fatto innalzare dai francesi in ogni villaggio. I contadini prendono le armi in difesa delle proprie famiglie e della propria sopravvivenza fisica”.

16 Gilbert Chabrol de Volvic, Statistica delle Provincie che formano il Dipartimenti di Montenotte, vol. 1°, Savona, Comune di Savona, 1994, pag. 226.

17 Zanini Andrea, Le radici del futuro: un secolo di industria chimica a Savona, Savona, Ferraris, 2000.

18 Acna: storia di una fabbrica e del suo territorio, Savona, Provincia di Savona, c 2001, pag. 9: “che vi aveva investito 550.000 lire; ne è amministratore dal 1885 E. F. Barbieri [Eugène-Jean Barbier]. Siedono nel Consiglio d’amministrazione, accanto a quattro consiglieri francesi, i savonesi Giuseppe Tardy, industriale siderurgico di origine savoiarda, e Angelo Ponzone, banchiere. Nel 1889 viene nominato amministratore Carlo Bastogi, mentre la sede della società si trasferisce da Lione a Parigi”… Il 26 marzo 1892…autorizzazione ad impiantare lo stabilimento è data, con delibera di Giunta dal sindaco di Cengio Antonio Garello”. Vedi anche il libro “Acna : ex tempio della chimica fine : volume fotografico / a cura di Giuseppe Vaglica, [s. l. : s. n.], stampa 2008 (Cosseria : Grafiche Spirito)” ed un libro inedito di Icardi Franco intitolatoCengiole sue fabbrichee la bibliotecachimica”, Cengio (SV), ebc (Edizioni Biblioteca di Cengio) cge troverete nella biblioteca comunale.

19 Dematteis Irma, Cengio. Dai campi alla fabbrica: storia di un paese tra Ottocento e Novecento, Cengio, Comine di Cengio, 2009, pag. 83 e nota 157: “ACC. Impianto di una fabbrica di Dinamite nel tenimento Ponzano 1882-1887”.

20 Dematteis Irma, Cengio… op. cit., pag. 83: “Tardy nativo di Annecy, insieme al fratello e al maestro esperto di officina Benech, era stato il fondatore nel 1861 del primo stabilimento siderurgico di Savona e Ponzone fu in quegli anni sindaco della città [di Savona]”.

21 La tenuta di Ponzano, già proprietà dei marchesi Del Carretto di Cengio, che ha una superficie di circa 500.000 metri quadri.

22 Se nel1891 Cengio contava 831 abitanti, questi nel 1907 salivano a 1009, ed a 1309 nel 1911

23 Francesco Icardi nacque il 25 settembre 1838 a Camerana(CN) nella frazione San Rocco ora Costabella.. Nel 1849 iniziò la 1a guerra d’Indipendenza durante la quale morì suo fratello Icardo Modestus Fortunatus. Durante la 2a guerra d’Indipendenza Francesco Icardi fu arruolato il 25 giugno 1859 come bersagliere. Combatté nella 3a guerra d’Indipendenza che iniziò il 16 giugno1866. Fu congedato, ma il 20 settembre 1870 partecipò come volontario alla presa di Porta Piaed alla conquista di Roma. Infine il 7 marzo 1871 a Cuneo ricevette il Congedo definitivo e fu cancellato dai Ruoli. In tale congedo si legge: “Ha fatto la Campagna di guerra dell’anno 1866 contro gli Austriaci per l’Indipendenza d’Italia [3a guerra d’indipendenza]. Autorizzato a fregiarsi della medaglia istituita con Regio Decreto 4 marzo1869 colla fascetta della Campagna del 1866”. Morì a causa del diabete all’ospedale di Genova il 22 gennaio 1903 alle ore 22 a soli 64 anni.

24 A partire dal 1908 furono istallati a Cengio speciali impianti per la produzione giornaliera di 14.000 kg. di acido nitrico e 13.000 kg. di acido solforico e furono creati reparti per la produzione del tritolo. La SIPE partecipava allora per il 90% alla produzione nazionale di acido nitrico con una produzione annua pari a 5.562 tonnellate.

25 Nel 1915 la SIPE sotto la guida dell’ing. Ferdinando Quartieri, esperto nel ramo esplosivi, realizzò un altro stabilimento per la produzione della polvere B per il cannone campale Déport da 75 mm. Destinati alla Russia zarista sino alla Rivoluzione d’Ottobre del 1917. Il niovo stabilimento venne edificato a Ferrania, in località Pian Cereseto, sul terreno di proprietà dei marchesi De Mari. In meno di due anni si verificò una trasformazione del territorio, come già precedentemente a Cengio, da agricolo a grande centro industriale, con l’insediamento di fabbricati, ferrovie interne, e strade. Un terzo stabilimento SIPE o meglio un deposito dei prodotti di Pian Cereseto, venne programmato sempre a Ferrania in località Pra Sottano, ma non venne ultimato a causa della fine della Prima Guerra Mondiale.

26 Presso l’entrata della fabbrica (sul lato destro) si costruì nel 1916 il Palazzo Rosso come sede della mensa e dopolavoro per gli operai ed impiegati (con sala bigliardo, di lettura e teatro.

27 Il 26 giugno 1861 il Ministro dei Lavori Pubblici presentava un altro progetto di legge per autorizzare la costruzione della ferrovia Savona–Torino. Questo fu approvato e convertito in legge il 21 luglio 1861. La galleria Saliceto-Sale Langhe lunga 4 km. e 285 m. richiese 7 anni di lavoro dal 1864 al 1870. Il percorso Savona-Bra costò la somma di 36.787.000 lire, ed avrebbe dovuto essere terminato per il 31 dicembre 1872, ma in realtà iniziò il servizio solo il lunedì 28 settembre 1874.

28 Nel 18591860 il decreto legge del ministro Urbano Rattazzi divise la Liguria in due grandi province, quella di Genova e la Provincia di Porto Maurizio (comune che successivamente si unirà ad Oneglia nel 1923 con il nome attuale di Imperia). Savona e tutti i comuni del suo entroterra rientrarono nell’area genovese che fu ulteriormente divisa in cinque circondari: a ovest Albenga, Savona e Genova mentre Chiavari e Levante ad est. La scelta voluta dal ministro Rattazzi scatenò, oltre alle proteste dei comuni genovesi passati alla neo provincia di Alessandria, ripercussioni politiche e vivaci proteste locali degli abitanti savonesi. L’insistente susseguirsi di reclami e polemiche porterà, negli anni successivi, alla decisione del 2 gennaio 1927 di istituire la provincia di Savona, sottraendo alla provincia di Genova 87 comuni, già inseriti nei circondari di Savona e Albenga, con il solo passaggio di Cogoleto nell’amministrazione genovese. Successivamente l’unione di alcuni comuni montani fece sì che il numero di amministrazioni scese agli attuali 69, con una superficie territoriale di 1.545 km²

29 Vedi il censimento del 1921: cartelle dell’archivio comunale riferite a Cengio Genepro dove si vede la provenienza delle famiglie degli operai della fabbrica di Cengio provenienti da Marsala, Macerata, Pistoia, Lucca, Cremona, Venezia, Pordenone, Aosta, Boves, senza contare i comuni vicini della Val Bormida: Saliceto, Camerana, Millesimo, Cairo Montenotte ecc.

30 L’Italgas controllava le maggiori officine del gas dell’Italia Settentrionasle, le due uniche cokerie (Vado Ligure e Mestre), la società Azeno, che produceva ammoniaca e acido nitrico sintetici, a Bussi (Pescara) ed a Vado Ligure.

31 La Montecatini possedeva il 51%, mentre il gruppo I. G. Farben il 49%.

32 Nel 1936 a Cengio si contavano 7 locali pubblici (bar, osterie, affittacamere e ristoranti) segno di una forte richiesta di avventori. La forte richiesta di abitazioni aveva fatto costruire una serie di case popolari con 27 appartamenti a Cengio Bormida dove vi era terreni disponibili. Qui si trasferì pure la sede comunale da Genepro.

Allo scoppio della 2a guerra mondiale, nel 1940, vi fu un incremento della produzione bellica che portò a 3242 il numero degli abitanti di Cengio.

33 Mentre nel 1942 l’ACNA di Cengio aveva 2.431 operai, questi scesero a 1.351 nell’anno 1945, e superò di nuovo le 2.000 unità nel 1946. Ė opportuno consultare alcuni libri come:

  • Acna ex tempio della chimica fine: volume fotografico a cura di Giuseppe Vaglica, Cengio, A. L. A. (Associazione Lavoratori Acna), 2008.
  • Acna: storia di una fabbrica e del suo territorio, Savona, Provincia di Savona, c 2001.
  • Dematteis Irma, Cengio. Dai campi alla fabbrica: storia di un paese tra Ottocento e Novecento, Cengio, Comine di Cengio, 2009.
  • Zanini Andrea, Le radici del futuro: un secolo di industria chimica a Savona, Savona, Ferraris, 2000.

34 Sasso Fulvio, Guerra incivile, Cairo Montenotte, c 2003, pag. 67-68: “Il 24 agosto ’44, ad Acquafredda di Millesimo, due tedeschi di stanza a Saliceto furono colpiti dai partigiani, uno rimase ucciso e l’altro ferito; quest’ultimo riuscì ad arrivare al comando tedesco di Millesimo ed a raccontare l’accaduto: immediatamente scattò la rappresaglia: cinque civili vennero fucilati ad Acquafredda presso il ponte all’inizio del paese.

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